CECENIA

Ancora non sei sazio, uomo crudele,
d’affliggere, con sofferenze e lutti,
gl’innoccenti ? Dunque, che ti
spinge ?
Mars, Mavors, Maurs o Ares,
tristi deità della guerra, t’esortano
contro il dimenticato, misero fratello ?
Forse non sei anche tu, come lui,
caduto dal cielo, unico esemplare
d’una umanità peccatrice ? O credi
d’essere più degno della protezione
celeste, di Bellona, perché sei forte
in armi ?
Allora ! E’ per la Dea pagana che fai
l’occhio truce, mostri capelli sparsi,
brandisci pugnali, pistole o mitra,
contro i tuoi cari fratelli Ceceni ?
Ed io che posso da lontano, che servo
in questa Europa satolla d’ogni bene
e d’ogni pia ipocrisia ?
No! Caro fratello Ceceno, non farò
come tanti, non guarderò alla TV
chi ti massacra, fra suoni di cembali
e di timpani.
No! Io manderò grida così alte che
tuoni e venti di uragani nessuno udrà.
E tu, Russo, ascolta la mia preghiera.
Tu, che sei stato in passato vaoloroso
e saggio, non tramutare la gioia in un
lugubre sogno di cadaveri rigettati dai
flutti dell’odio fradicia, ordina a te stesso
di raddurre   in porto la bontà del cuore, e
i religiosi sentimenti siano la prima ragione
per una rifondata, duratura, consolidata pace.

Pubblicata su Cronache Italiane- Realtà & Poesia  N. 10- 1997